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lunedì 7 aprile 2014

Vinitaly: la Cia mette in mostra i produttori "under 40", sono oltre 24 mila ma hanno poca visibilità

La Confederazione accende per un giorno i riflettori sui giovani del comparto: una “nicchia” di oltre 24 mila vitivinicoltori, che porta avanti innovazione e dinamicità, ma ha ancora poco spazio dedicato. Per le loro bottiglie creato un collarino personalizzato. Bisogna sostenere il ricambio generazionale, solo così si può portare sempre più in alto nei mercati uno dei simboli del “made in Italy” agroalimentare.

 

Crescono il doppio delle aziende “senior” con la metà del credito, usano la rete e i social media per promuovere le loro bottiglie dentro e fuori i confini nazionali e vanno a lezione di marketing: sono i produttori di vino “under 40”. Un piccolo esercito di 24.500 giovani imprenditori, 3.600 con cantina propria, che però sconta ancora poca visibilità sulle vetrine promozionali più rilevanti per il settore. Ecco perché la Cia-Confederazione italiana agricoltori ha deciso di dedicare loro un’intera giornata al “Vinitaly”, rendendo subito riconoscibili ai visitatori della Fiera le etichette dietro cui c’è il lavoro di un’azienda “young”. Per questo motivo oggi, 7 aprile, presso lo stand dell’organizzazione, i giovani aderenti alla Cia “vestiranno” le loro bottiglie con un collarino creato “ad hoc” che recita la scritta “Vino Giovane-Under 40”.


            Questi nuovi produttori di vino sono necessari per favorire il ricambio generazionale che nel nostro Paese stenta a decollare -sottolinea la Confederazione-. Nonostante oggi l’Italia vanta primati da record nel comparto (è il secondo paese produttore e il primo paese esportatore in volume al mondo) e conta circa 450 mila aziende (di cui 384 mila con vite e 63 mila vinificatrici), solo il 5-6 per cento dei titolari d’impresa ha un’età inferiore ai 40 anni.


Ma, con questi numeri, in prospettiva sarà difficile mantenere quella leadership costruita dal vino “made in Italy” a livello planetario, con un fatturato annuo che raggiunge i 12 miliardi di euro. Un totale da cui emergono i 5 miliardi dell’export, in larga parte ricavati sui mercati di Stati Uniti, Germania, Regno Unito -evidenzia la Cia-. Quindi sono ancora ampi i margini di crescita sulle nuove “piazze”, come il bacino asiatico ancora poco esplorato, e per aggredirle servono “nuove leve”. Ecco perché bisogna sostenere l’ingresso dei giovani nel mondo del vino, aiutarli nello sviluppo di azienda e cantina, costruire una realtà più dinamica con poche regole “intelligenti” e meno burocrazia. Serve un repentino cambio di marcia, tanto più se si pensa ai risultati dell’ultimo Censimento dell’Agricoltura, secondo cui nella decade 2000-2010 le aziende del vino in Italia si sono praticamente dimezzate (erano circa 791 mila dieci anni fa).


D’altra parte, l’agricoltura non è più un settore “vecchio”, anzi cresce l’interesse dei giovani per il mondo agricolo e per “la cultura del mangiare e del bere”, come dimostra il “boom” di iscrizioni alle Facoltà di Agraria e la preferenza per i corsi che formano al “vino” -spiega la Cia-. Dall’inizio della crisi, infatti, c’è stato un picco di immatricolazioni per Agraria (+40 per cento) a fronte di una flessione generalizzata delle iscrizioni all’Università (-12 per cento in cinque anni) e oggi in Italia ci sono oltre 20 corsi di laurea, 449 corsi post-laurea e ben 5 mila corsi di specializzazione.


Nello scenario complessivo, le nostre aziende vitivinicole dovranno tenere conto dei competitor, vecchi e nuovi, che aggrediscono i mercati con determinazione e con i quali bisognerà confrontarsi. Le armi dei giovani imprenditori restano la qualità, gli antichi saperi e l’innovazione nella tradizione -aggiunge la Cia- ma tutto questo andrà coadiuvato dalla modernità e dall’efficienza degli strumenti legislativi e finanziari che si dovranno costruire nel settore del vino in Italia. C’è l’esigenza di fare squadra, di mettere in campo iniziative concrete e tangibili, come appunto il primo simbolico passo di rendere immediatamente “identificabili” agli occhi del consumatore quelle bottiglie “giovani” delle new entry del comparto.

 

L’identikit del giovane produttore di vino

 

Hanno tra i 25 e i 36 anni e posseggono un’istruzione medio-alta (75 per cento diplomati e 15 per cento laureati). Parlano inglese e oltre il 90 per cento ha un’ottima conoscenza del web: in otto casi su dieci si connettono quotidianamente a Internet, mentre in 5 casi su dieci usano la rete per promuovere i propri prodotti. In questo modo raggiungono più facilmente i consumatori, ampliando la propria clientela. Ma non solo: soprattutto con i social media, che consentono un rapporto estremamente diretto col pubblico, possono condurre indagini di mercato per comprendere e anticipare i gusti e le esigenze dei compratori, orientando la propria offerta. Il 60 per cento ha rilevato l’impresa di famiglia e più della metà fa attività multifunzionali (es. degustazioni in azienda). Per il futuro, il 52 per cento dei giovani produttori spera di espandere la sua attività e il 78 per cento vuole ampliare i suoi canali commerciali (vendita diretta, e-commerce, ecc.).

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